L a prima volta che ho visto Stella Calvani pioveva. Sono arrivato all’appuntamento innervosito dalle gocce di pioggia che mi pungevano la faccia. Ci siamo avvicinati a un grande tavolo dove erano adagiate le sue incisioni e d’un tratto un silenzio rassicurante mi ha scaldato, sospendendo il tempo. Campagne marchigiane, città invisibili, vasi rupestri, una piccola figura di spalle venuta dall’ “Isola dei morti”, la luna, paesaggi, paesaggi. Acquetinte e acqueforti di indiscutibile bellezza, alcune in nero, altre di un colore velato che accarezza le forme. Segni forti e decisi, ma allo stesso tempo delicati, ambigui. Ho la sensazione che questi lavori nell’istante in cui li guardo diventino altro. E così questa luna piena sospesa nell’oscurità del foglio all’improvviso è una pallina da pingpong che sale al cielo e accompagna lo sguardo verso l’infinito. Questo paesaggio dai toni lievemente ocra è la caverna preistorica in cui l’uomo ha inciso per la prima volta la sua presenza sulla ...