Silvio Craia usa continuamente la parola “formidabile”. É una specie di comun denominatore dei suoi progetti questo aggettivo. Formidabile. Dal latino formidabilis: terrificante; dal verbo formidare, temere. Silvio Craia sa che bene che l’arte, come la vita, è un territorio in cui terrore ed eccezionalità spesso finiscono per coincidere.
Da questa sovrapposizione nasce il sublime. Pensate a Leopardi, alla natura madre di parto e per natura matrigna. Pensate a Turner, che si faceva legare sull’albero della nave nel pieno della tempesta. Artisti pronti a sacrificare la propria vita sull’altare della ricerca. Perché l’arte, tra le infinite definizioni appioppate nei secoli, è prima di tutto una scommessa in cui l’artista è pronto a giocarsi tutto.
Silvio Craia è un artista romantico. Un uomo che cammina sul sottilissimo filo della meraviglia, tra lo stupore di un impasto di colore e il terrore suscitato da un rifiuto abbandonato che può diventare supporto. Silvio Craia percorre questo filo come un acrobata senza rete di protezione e proprio in questa sua disarmante purezza è formidabile.
L’ho conosciuto qualche settimana fa, nel suo studio, formidabile anch’esso. Una piccola porta e all’improvviso l’horror vacui: la tempesta di Turner è arrivata fin qui, ho pensato. Poi lo sguardo ha messo a fuoco: impossibile non provare meraviglia davanti ad ognuna di queste opere. Splendide ceramiche appese alla parete, oli colorati, acquerelli delicatissimi. Quello che mi ha colpito da subito è la libertà della pennellata e l’uso delle superfici. Tutto può diventare funzionale all’arte: poco importa che sia una tela, una tavola, o la base di una cassetta di legno.
“Scusa la confusione” mi ha detto indicando un angolo. “Ti faccio vedere una cosa”.
Poggiate alla base di una colonna, delle tele monocrome.
“Bellissime” ho detto.
“Non sono mie”.
E ha cominciato a raccontarmi di questo suo progetto coi ragazzi disabili. Allora con grande attenzione ho scorso queste opere, una ad una, opere che forse per osmosi hanno assorbito l’universo Craia. Opere formidabili, anche loro. É un po’ come se Craia fosse il re Mida, mi è venuto da pensare, perché tutto ciò che tocca diventa formidabile. Ma mentre Mida è condannato a morire di fame perché l’oro non si mangia, il destino di Craia è di trasformare la quotidianità in eccezionalità. Mi colpisce un lavoro fatto di chiazze rosse, espressivo fino al dolore. I segni di un raptus, forse. Arte terapia, come la chiamano gli esperti. Si sente che questi ragazzi hanno guardato in faccia le loro paure, i loro desideri, e li hanno traposti su una superficie scaricando il fulmine della loro creatività. Si sente che questi ragazzi si sono fidati del colore e di chi gliel’ha proposto. Hanno creato opere che mozzano il fiato, che spaventano e attraggono, opere in cui si sente tutto il respiro liberatorio della pennellata. Sembra di vederli quei bracci forti e fragili nel momento decisivo dell’impatto con la tela.
Quando sono tornato a casa un pensiero ha cominciato a darmi ossigeno. L’arte ci salverà. Tutti. Non esistono diversità di fronte alla salvezza. L’arte ci salverà dall’indifferenza e dalla mediocrità. Ci farà guardare con pietà nell’abisso della nostra piccolezza e ci farà alzare lo sguardo sopra le nuvole, dove è sempre sereno. Solo allora gli uomini faranno un piccolo passo avanti nella loro umanità, e il merito sarà di chi, come Silvio Craia, nella sua smisurata generosità, continua ad indicarci sorridente la strada per essere formidabili.
David Miliozzi
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