In un quaderno di appunti, Ingmar Bergman annota e fa dire a un suo protagonista: “ogni giorno vivo di stupore. Ho bisogno di luci, di alberi, di eternità della natura”.
La pittura di Fosco Bertani conosce solo la teologia del verde e della luce. Alla radice della sua arte c’è la contemplazione della realtà.
Dice:
“Non guardo la mia mente per dipingere”.
Si
è accorto di un livello delle cose che con la filosofia non aveva scoperto: una
vibrazione nella realtà che sembra parlare di una unità profonda e che Fosco rincorre
in ogni suo quadro, in ogni pennellata, tutte le volte che prepara un colore.
La
sua realtà tende alla sintesi, a un punto di sintesi. Ecco l’unità profonda che
si scioglie in sfumature, che dà un’emozione non definibile perché le cose sono
contemporaneamente più cose.
Notizia biografica
Fosco Bertani è nato ad Asola (Mn) nel 195I . Ragazzo,vive a Desio e frequenta la scuola di pittura di Vittorio Viviani a Nova Milanese. Ammira la pittura di Chagall e di El Greco. Compiuti gli studi classici a Monza, frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia a Milano fino alla scelta per la pittura nel’ 73, quando si iscrive alla Accademia di Brera alla scuola del prof. Repossi e poi, a quella di Firenze alla scuola del prof Trovarelli, dove si diploma nel 78, con una tesi finale sul Beato Angelico. Nel ’79 a Parigi studia la pittura degli ultimi anni di Cezanne . Nel frattempo ha conosciuto l’arte di William Congdon e ne rimane profondamente colpito. A Milano incontra e segue l’attività teatrale e critica di Giovanni Testori. Dopo il matrimonio si trasferisce nella campagna mantovana, per studiarne meglio il paesaggio. Nell' '89 esegue un grande dipinto murale commissionato dall’architetto Sandro Benedetti a Roma nella chiesa di Sant’Alberto Magno . Nel ’96 torna in Brianza e da allora insegna discipline pittoriche stabilmente al liceo artistico statale “ Fausto Melotti” di Cantù.
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