di aunpassodalnulla
Guardando al secolo scorso, la body art ha segnato un momento di profonda rottura con le forme espressive precedenti. Ha messo al centro il corpo, come linguaggio. Il corpo è uscito dal quadro e si è fatto esso stesso opera su cui imprimere i segni dell’espressione.
Ancora oggi, nella seconda decade del terzo millennio, nonostante i tentativi di mascheramento e di smaterializzazione del corpo, esso resta il nostro strumento principale di espressione. Il corpo è sempre più nascosto, anestetizzato, virtuale, si ipermanifesta attraverso una moltitudine irrilevante di segni sparsi nel web. Non ha più senso lavorare direttamente su un corpo che sta scomparendo.
L’aspetto espressivo resta centrale nella condizione dell’uomo contemporaneo. Parafrasando Cartesio: mi esprimo, dunque sono. L’iperespressionismo altro non è che un nuovo approccio percettivo all’espressione attraverso il corpo. Gli iperespressionisti rivendicano la necessità di lasciare un segno iperespressivo sul supporto artistico per eccellenza, il quadro, metafora di una quotidianità fisica perduta. La cultura digitale comprime e smaterializza, per noi il quadro torna ad essere testimonianza essenziale della storia dell’umanità. Una delle scommesse della contemporaneità è il recupero del supporto, come segno tangibile della memoria e del tempo. Tutto procede verso la dissoluzione della materia.
Gli iperespressionisti compiono un’operazione consapevole di resistenza ai mondi virtuali, ai software, all’estinzione della realtà fisica. Dal vinile a spotify, il suono non lascia più tracce analogiche sul supporto. Dal libro al kindle, la carta e il soffice rumore della pagina sfogliata stanno scomparendo. L’arte non occuperà più uno spazio fisico, la vita di ogni essere umano sarà contenuta in una pennetta usb, l’intera memoria del mondo in un file. A questa prospettiva volatile ed evanescente reagiscono gli artisti iperespressionisti riportando il corpo dell’opera al centro del discorso artistico. Il corpo lascia le sue impronte, ci perseguita con la sua presenza. Con l’iperespressionismo il corpo è rientrato nel quadro, si è fatto quadro, o meglio il quadro è diventato una protesi del corpo dell’artista Più che un gruppo e meglio di uno stile, l’iperespressionismo appare una tendenza aperta che vuole interrogare le profonde e laceranti contraddizioni di una contemporaneità che si iperesprime senza lasciare tracce.
Guardando al secolo scorso, la body art ha segnato un momento di profonda rottura con le forme espressive precedenti. Ha messo al centro il corpo, come linguaggio. Il corpo è uscito dal quadro e si è fatto esso stesso opera su cui imprimere i segni dell’espressione.
Ancora oggi, nella seconda decade del terzo millennio, nonostante i tentativi di mascheramento e di smaterializzazione del corpo, esso resta il nostro strumento principale di espressione. Il corpo è sempre più nascosto, anestetizzato, virtuale, si ipermanifesta attraverso una moltitudine irrilevante di segni sparsi nel web. Non ha più senso lavorare direttamente su un corpo che sta scomparendo.
L’aspetto espressivo resta centrale nella condizione dell’uomo contemporaneo. Parafrasando Cartesio: mi esprimo, dunque sono. L’iperespressionismo altro non è che un nuovo approccio percettivo all’espressione attraverso il corpo. Gli iperespressionisti rivendicano la necessità di lasciare un segno iperespressivo sul supporto artistico per eccellenza, il quadro, metafora di una quotidianità fisica perduta. La cultura digitale comprime e smaterializza, per noi il quadro torna ad essere testimonianza essenziale della storia dell’umanità. Una delle scommesse della contemporaneità è il recupero del supporto, come segno tangibile della memoria e del tempo. Tutto procede verso la dissoluzione della materia.
Gli iperespressionisti compiono un’operazione consapevole di resistenza ai mondi virtuali, ai software, all’estinzione della realtà fisica. Dal vinile a spotify, il suono non lascia più tracce analogiche sul supporto. Dal libro al kindle, la carta e il soffice rumore della pagina sfogliata stanno scomparendo. L’arte non occuperà più uno spazio fisico, la vita di ogni essere umano sarà contenuta in una pennetta usb, l’intera memoria del mondo in un file. A questa prospettiva volatile ed evanescente reagiscono gli artisti iperespressionisti riportando il corpo dell’opera al centro del discorso artistico. Il corpo lascia le sue impronte, ci perseguita con la sua presenza. Con l’iperespressionismo il corpo è rientrato nel quadro, si è fatto quadro, o meglio il quadro è diventato una protesi del corpo dell’artista Più che un gruppo e meglio di uno stile, l’iperespressionismo appare una tendenza aperta che vuole interrogare le profonde e laceranti contraddizioni di una contemporaneità che si iperesprime senza lasciare tracce.
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