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ALBERTO CESPI Prospettive Interiori. Le battaglie di Paolo Uccello.


Di DAVID MILIOZZI

A volte scopriamo che la battaglia è prima di tutto con noi stessi, con le nostre paure, con i draghi che ci tormentano, spesso impedendoci di realizzare i nostri sogni. Alberto Cespi ci suggerisce che il drago può essere combattuto e sconfitto con la lancia dell’arte, la stessa brandita dal cavaliere che ha dipinto in stile espressionista; una scultura e un acrilico che sembrano prefigurare l’incontro del nostro artista con una vera battaglia, quella di San Romano del 1432, di cui quest’anno ricorrono i cinquecento novant’anni.

Un corpo a corpo con il meraviglioso Trittico di cui fa parte la grande tavola che ritrae Niccolò da Tolentino alla testa dei fiorentini, una tecnica mista di 186*316 centimetri, conservata alla National Gallery di Londra, capolavoro della storia dell’arte mondiale.
Alberto Cespi è artista e architetto per formazione, abituato a progettare e vedere qualcosa che ancora non esiste. Un artista figurativo e astratto allo stesso tempo, che tira fuori forme riconoscibili e astrae nel senso etimologico del termine: dal latino abstrahere, abs "via da" e trahĕre "trarre".
Dal 1986 l’artista tolentinate porta avanti questo confronto con il passato, guidato dalla stella polare dell’astrazione: osserva, studia, sceglie, taglia, seleziona, tira fuori, astrae.




Un dialogo poetico cominciato trentasei anni fa, un inesauribile percorso interpretativo sull’opera di Paolo Uccello, Maestro fiorentino super moderno con un piede nel Neogotico e il mondo fiabesco/decorativo, e con l’altro piede nell’Umanesimo e nella ricerca prospettica. Uno dei grandi quattrocenteschi che contribuirono ad aprire la strepitosa stagione del Rinascimento, Paolo Uccello studiò la prospettiva per tutta la vita, al punto da non prendere più sonno la notte, come raccontò sua moglie. Disse il Vasari: “Investigò alcune cose di prospettiva difficili e impossibili”.
L’invenzione prospettica destò grande meraviglia agli albori del quindicesimo secolo e nel tempo è stata l’ossessione di tanti artisti, per più di quattro secoli, fino a quando, con la scoperta della velocità della luce e dell’inconscio, sono saltate tutte le regole, a cominciare da quelle geometriche, e la prospettiva stessa è diventata una questione interiore.
Durante la pandemia, Alberto Cespi ha come tutti noi cominciato a guardare le cose da una prospettiva diversa, ha intensificato il suo sguardo sulla Battaglia di San Romano, producendo oltre quaranta lavori sul tema, tra tecniche miste, acquerelli, incisioni, dipinti e sculture.
Il Trittico artistico, fonte di ispirazione, ha legato l’artista marchigiano al conterraneo Niccolò Mauruzi (nobile condottiero tolentinate che contribuì alla vittoria dei fiorentini sui senesi) e a Paolo Uccello. Questo felice incontro (trittico esistenziale?) ha generato un nuovo Polittico, un lavoro multiforme ed evocativo.




Mentre conversiamo nel suo studio noto sotto un quadro un “pellerossa” a cavallo e mi immagino il piccolo Alberto che ci gioca, inventando battaglie immaginarie; a un certo punto mi confida che già da bambino amava disegnare cavalli e battaglie, affascinato dalle posture imbizzarrite di quei modellini di plastica. Molti anni dopo, di fronte alla Battaglia di San Romano, deve essere avvenuta una vera e propria epifania, che ha risvegliato sentimenti dimenticati e fanciulleschi, di pascoliana memoria, e quel condottiero in primo piano col copricapo celebrativo (Niccolò Mauruzi) lo ha emozionato come uno dei cavalieri con cui giocava nel cortiletto sotto casa.
Una ricerca meta-artistica costante e instancabile, in bilico tra memoria e invenzione, dettata da un profondo amore per il territorio, con le sue storie e i suoi personaggi; la necessità di scandagliare le tradizioni, in cui antichi e futuri immaginari finiscono per coincidere.
La consapevolezza che l’arte può essere uno strumento di riconciliazione e che la socialità passa attraverso la conoscenza della storia; l’identità, da questione personale, individuale, diventa fatto collettivo, sociale e storico.

Alberto Cespi ha agito con una disinvoltura espressiva libera e autentica che gli ha permesso di personalizzare alcune sperimentazioni: Paolo Uccello dipingeva prevalentemente in tempera diluita con tuorlo d'uovo, sebbene alcune volte sperimentò leganti oleosi; applicò il metallo in foglia, sia oro che argento, con alcuni dettagli a rilievo, in pastiglia. Una matericità ripresa dal nostro artista, che in alcuni lavori usa malta da intonaco e sacchi e sulle tempere talvolta incolla una lamina argentea, proprio per rendere gli effetti dell’antica brillantezza della Tavola del Maestro fiorentino, di cui conosce ogni dettaglio; l’ha dipinta e ridipinta, ha astratto un brano della Battaglia e lo ha reso autonomo; ha scelto un momento, lo ha isolato rendendolo protagonista iconografico, ha scomposto e ricomposto, creando un mosaico di toccante sensibilità creativa.
In questo è a tutti gli effetti un artista concettuale, per certi aspetti ci ricorda i ready made di Marcel Duchamp; il Maestro francese sceglieva oggetti “già fatti” e li elevava ad opere d’arte, Alberto Cespi sceglie dettagli pittorici, li “tira fuori”, li decontestualizza, dandogli nuovi significati.
Cavalli, muscoli in tensione, capezze, zoccoli, occhi, soldati, calzamaglie, abiti, armature, elmi, lance, scudi, spade, guaine, fibbie, cinturini…Oggetti figurativi che diventano astratti. Colori caldi, gialli, arancioni, carnevaleschi, e all’improvviso il rosso del sangue, della battaglia che sembra un torneo troppo vivace e tra le lance lo sfondo nero del mistero.
“Mi piace partire dai colori primari, diluirli o addensarli finché non trovo la tinta giusta” mi dice indicandomi un susseguirsi di gambe dipinte. “Non sempre sono fedele ai colori usati nel dipinto originale. Rispondo alla mia sensibilità, al mio gusto”.
Brani iconografici ripetuti, come le acqueforti del piede nella staffa, variazioni (Goldberg) sullo stesso tema; fermare e scegliere un momento preciso, fotografarlo e rifarlo, un po' come i Mucchi di fieno di Monet, che cambiavano in base alla luce del sole. Un impressionismo dell’anima quello di Alberto Cespi, che nasce da prospettive interiori, delicate e ritoccate ad acquerello.
La poetica che guida questa operazione artistica è chiara e su molti punti in linea con le recentissime ricerche dell’arte contemporanea: si vuole rielaborare la tradizione pittorica attraverso un linguaggio innovativo, con la consapevolezza che per aprire spiragli sul futuro, è necessario affondare lo sguardo nelle nostre radici.
Riflettere sul proprio tempo attraverso il dialogo col passato, all’insegna dell’appartenenza a un territorio, quello marchigiano, che ha dato i natali all’eroico condottiero protagonista del dipinto di Paolo Uccello.
Si mette in atto lo svelamento del processo creativo che ha portato alla realizzazione dell’opera. Perché Arte è anzitutto Processo, ricerca continua, indefessa.
Questa mostra può essere fruita come un’enorme, unica istallazione che compendia trentasei anni di lavoro serio ed emozionante. Anche in questo Alberto Cespi anticipa le tendenze artistiche degli ultimi anni; il processo creativo è l’opera stessa, e gli oltre quaranta lavori proposti sono una vera e propria installazione in cui passato, presente e futuro si incontrano in nome dell’arte contemporanea.




David Miliozzi







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